TRANSUMARE FEST: FLUIRE, OLTRE I CONFINI

Transumare Fest • Edizione 2024

A due passi dal cristallino mare Adriatico, Roseto degli Abruzzi accoglie Transumare Fest, un festival musicale di quattro giorni che, dal tramonto fino a tarda notte, vi accompagnerà in un viaggio fatto di energia, arte e cultura, tra artisti simbolo di intere generazioni e sorprendenti scoperte.
Transumare non è solo un festival. È un progetto collettivo che si muove sul crinale tra musica, territorio e comunità. In un contesto in cui spesso i festival inseguono visibilità e hype, Transumare prova a restare in ascolto: delle persone, dei luoghi, delle relazioni.

Abbiamo fatto qualche domanda a Flavia Trifiletti per capire meglio cosa significa, oggi, costruire un’esperienza culturale indipendente in Abruzzo — e come un festival può farsi parte viva di una scena.


Quando parliamo di “scena”, a cosa ci stiamo riferendo davvero? In che modo un festival come il vostro entra in relazione con questo concetto?

Quando parliamo di “scena”, non ci riferiamo solo a un insieme di artisti, band o generi musicali. Per noi è qualcosa di più ampio e profondo: è un ecosistema fatto di relazioni, luoghi, energie condivise. È chi organizza eventi, chi ci suona, chi li racconta, chi li vive. È chi crea spazi, anche piccoli, dove le cose succedono davvero.

Transumare nasce dentro questa visione. Non si propone come vetrina, ma come parte attiva e dialogante della scena. Cerchiamo di fare rete, di sostenere chi lavora in questa direzione, di dare visibilità a progetti affini. Programmare concerti è solo una parte del lavoro: il resto è stare nel territorio, costruire legami, abbattere barriere tra pubblico e artist*, e immaginare spazi culturali nuovi, più accessibili e collettivi.

Cosmo sul palco di Transumare Fest 2024

Quali sono le sfide concrete che affronta oggi un festival indipendente in Italia?

Le sfide sono tante, e spesso silenziose. Una delle principali è riuscire a mantenere un equilibrio tra sostenibilità economica e indipendenza culturale. Organizzare un festival significa mettere insieme artist*, strutture, permessi, comunicazione, e farlo spesso con risorse limitate e tanto lavoro volontario.

Un altro aspetto complesso è la gestione degli spazi: trovare luoghi che siano accoglienti, accessibili e in sintonia con l’identità del progetto non è sempre semplice, soprattutto se si cerca di costruire qualcosa a partire dal territorio, coinvolgendo la comunità.

E poi c’è la sfida più importante: non perdere di vista il perché si fa tutto questo. Continuare a credere che la cultura possa essere un atto collettivo, che crea legami, visioni e possibilità nuove. Questo, per noi, è il cuore di un festival indipendente.

TRANSUMARE 2025 ▸ Full Lineup

Qual è il vostro criterio curatoriale nella scelta degli artisti?

Il nostro criterio curatoriale parte da due assi fondamentali: la qualità artistica e l’etica del progetto. Cerchiamo artist* che abbiano una visione, una voce riconoscibile, ma anche un modo di stare nella scena che sentiamo affine: consapevoli, con un’attenzione reale a ciò che accade intorno a loro.

Non ci interessa costruire un festival monocorde o aderire a un solo genere: al contrario, pensiamo che la differenza tra i linguaggi musicali sia un valore aggiunto, che arricchisce l’esperienza e apre possibilità di ascolto trasversali. Ogni scelta nasce da un equilibrio tra gusto, coerenza e desiderio di creare connessioni inattese.

Cosa significa per voi costruire un’esperienza culturale, non solo musicale?

Per noi costruire un’esperienza culturale significa immaginare uno spazio in cui la musica non sia solo intrattenimento, ma un pretesto per incontrarsi, riflettere, condividere.

È creare connessioni tra artist* e pubblico, tra territori e comunità, tra chi passa per caso e chi torna ogni anno. È curare ogni dettaglio, dal suono alla grafica, dagli incontri agli allestimenti, affinché tutto parli la stessa lingua e contribuisca a un senso collettivo.

Che tipo di responsabilità sentite, oggi, come festival, rispetto a ciò che accade nella scena?

Sentiamo la responsabilità di prendere parte, senza metterci al centro.

Come festival, sappiamo di avere uno spazio di visibilità e ascolto, ed è proprio per questo che cerchiamo di usarlo con cura: amplificando progetti che meritano attenzione, creando occasioni di incontro autentiche, costruendo reti tra realtà diverse ma affini.

Cerchiamo di non replicare modelli verticali o autoreferenziali, ma di muoverci in ascolto: della scena, dei territori, delle comunità.

In un contesto spesso frammentato, pensiamo che fare festival oggi significhi anche favorire connessioni, sostenere il lavoro culturale e continuare a porci domande.

Transumare Fest 2024

Che tipo di impatto può avere un festival come il vostro sul territorio in cui si svolge?

Un festival come il nostro può avere un impatto che va oltre i giorni dell’evento.

Significa riattivare spazi, portarli a nuova vita attraverso la cultura e l’aggregazione. Significa coinvolgere persone, attività, associazioni locali e creare relazioni durature, non solo collaborazioni temporanee.

Sul territorio, un festival può essere un’occasione per riconoscersi comunità, per valorizzare ciò che già c’è con uno sguardo nuovo. Può sostenere l’economia locale, ma anche far circolare idee, linguaggi, prospettive diverse.

Transumare prova a fare proprio questo: coltivare presenza, ascolto e partecipazione. Senza calare un modello dall’alto, ma intrecciandosi con chi quel territorio lo vive ogni giorno.

Quali sono le dinamiche locali, sociali o politiche, con cui vi confrontate quando organizzate il festival?

Organizzare un festival come Transumare significa confrontarsi ogni anno con dinamiche locali complesse ma stimolanti.

C’è il tema della convivenza tra linguaggi culturali contemporanei e contesti cittadini più tradizionali, che richiede ascolto, mediazione e dialogo costante con le comunità, le istituzioni, i residenti.

C’è poi la volontà di proporre un modello di evento che sia inclusivo, sostenibile e accessibile, in territori dove spesso mancano spazi, risorse e strutture per la cultura. Questo ci porta a fare rete con realtà sociali attive nel territorio e a ragionare su forme nuove di collaborazione.

E se la scena non fosse un mercato, ma un ecosistema da proteggere? Cosa fareste per proteggerlo?

Se la scena fosse un ecosistema — e per noi lo è — allora va coltivata, non sfruttata.

Significa cambiare prospettiva: smettere di considerare artist*, festival, spazi culturali come elementi in competizione, e iniziare a vederli come parti interdipendenti di un tutto fragile ma vitale.

Proteggerlo, per noi, vuol dire fare rete, condividere risorse, visibilità, esperienze. Vuol dire promuovere pratiche etiche, sostenibili, rispettose dei tempi e dei corpi di chi lavora nella cultura.

Significa anche lasciare spazio a chi arriva, valorizzare il margine, sostenere progetti piccoli ma necessari.

Riserva Naturale del Borsacchio

In che modo vi relazionate con le altre realtà che compongono la scena? C’è dialogo o frammentazione?

Crediamo che oggi costruire una scena significhi prima di tutto coltivare dialogo, non alimentare competizione. E questo, per noi, è un principio pratico, non solo ideale.

Ci relazioniamo con molte realtà che condividono lo stesso terreno culturale e geografico, e con cui ci confrontiamo attivamente anche nella scelta degli artisti, nella programmazione e nella visione più ampia di ciò che stiamo costruendo insieme.

Festival come Dlen Dlen, Sunny People Fest e Diorama Festival sono esempi concreti di questa rete: ci scambiamo contatti, idee, sensibilità, cercando di valorizzare le specificità di ciascun progetto, senza sovrapporci ma camminando in parallelo.

Non si tratta solo di “coordinarsi”, ma di riconoscere che la scena è più forte quando è condivisa, quando genera connessioni e non isolamento.

Roseto degli Abruzzi

C’è qualcosa che nessuno vi chiede mai, ma che secondo voi andrebbe raccontato?

Forse andrebbe raccontato quanto lavoro collettivo, invisibile e non sempre riconosciuto c’è dietro ogni scelta, ogni evento, ogni dettaglio. Un festival come Transumare si regge su una rete di persone che condividono tempo, competenze e visione, spesso senza ruoli ufficiali, spesso senza clamore.

Nessuno ci chiede mai come ci si prende cura di un progetto culturale, nelle difficoltà quotidiane, nella gestione degli imprevisti, nel tenere viva una direzione comune anche quando tutto sembra complicato.

Come si finanzia oggi un festival come il vostro?

Un festival come il nostro si finanzia attraverso un equilibrio tra pubblico, privato e comunità.

Parte dei fondi proviene da bandi pubblici e contributi istituzionali, un’altra da collaborazioni e sponsorizzazioni private che decidono di sostenere il progetto.

Ma una parte fondamentale arriva da chi sceglie di esserci: le persone che partecipano, acquistano abbonamenti, donano, condividono. È anche grazie a loro che Transumare può continuare a esistere e crescere.

Montepagano - frazione di Roseto degli Abruzzi

Quando vi siete sentiti realmente “dentro” qualcosa che potremmo chiamare scena? Vi siete sentiti parte di un processo collettivo più ampio della vostra realtà? E cosa ve lo ha fatto percepire?

Ci siamo sentiti davvero “dentro” qualcosa che potremmo chiamare scena alla fine della prima edizione di Transumare. Nei giorni successivi al festival si è creato un movimento spontaneo di parole.

La comunità ha reagito con entusiasmo, partecipazione e curiosità, generando dibattiti positivi, riflessioni, feedback sinceri.

È stato in quel momento che abbiamo capito che il festival non era rimasto un evento isolato, ma era entrato in una dinamica collettiva più ampia, fatta di relazioni, attenzione reciproca e desiderio di costruire insieme qualcosa che potesse restare.

Quella risposta corale, viva e diffusa, ci ha fatto percepire di essere parte di una scena: non solo culturale, ma umana, territoriale e condivisa.

Segui Transumare su Instagram @transumare.fest

La Scena Non Esiste è un progetto collettivo per mappare, raccontare e rafforzare le realtà musicali indipendenti in Italia.

Non è un claim, è un punto di partenza: una provocazione, una domanda aperta, uno spazio da costruire insieme.

Festival come Transumare ricordano che una scena è un ecosistema da coltivare.
Un intreccio di relazioni, visioni, presenze. Uno spazio collettivo fatto di ascolto, cura e responsabilità.

Andrea Distefano

Community Radio & Event Space live from a subway station, Milano - Cairoli M1

https://linea.media
Next
Next

SELVA: RIDARE VITA ALLA VAL VEDDASCA